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L'INCHIESTA

A scuola senza sport: due ragazzi
su tre non sanno fare una capriola




Ecco il dossier sulla forma fisica degli studenti italiani (che peggiora di anno in anno). Sei 15enni su 10 non hanno forza nelle braccia e dimostrano poca resistenza



30 aprile 2017 (modifica il 1 maggio 2017 | 08:44)
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Nel 2020 i bambini e gli adolescenti italiani raggiungeranno il grado zero di educazione motoria





  Fonte: Corriere della Sera a cura di Marco Bonarrigo e Domenico Calcagno

 La capriola ormai è un problema serio. «In prima media — racconta Sergio Dugnani, docente di Scienze del Movimento all’Università di Milano — due ragazzi su tre non sanno eseguire una capovolta in avanti: si bloccano, contorcono, accasciano su un fianco. Un tempo la capovolta si apprendeva in maniera naturale giocando, tra i 6 e gli 8 anni, dopo aver imparato a rotolare e strisciare. Doverla insegnare a ragazzi di 11-12 anni che pesano già 40 chili significa recuperare un ritardo». Rincara la dose Annalisa Zapelloni, decano dei docenti di educazione fisica romani: «La scomparsa del gioco di strada ha provocato danni incalcolabili. Chi non si è mai arrampicato su un albero o su un muro non ha forza nelle braccia e nelle gambe ed è privo del senso dell’equilibrio. Vedo ragazzini in difficoltà se chiedi loro di saltare a piedi pari una riga disegnata sul pavimento. Non sono disabili: semplicemente non l’hanno mai fatto».
Tutti d’accordo: continuando così, nel 2020 bambini e adolescenti italiani raggiungeranno il grado zero delle capacità motorie. Alle osservazioni empiriche si aggiungono i dati delle (poche) ricerche sul campo. Uno studio dell’Istituto regionale ricerca educativa del Lazio stima che le qualità aerobiche (resistenza) di un adolescente italiano stiano calando dell’1 per cento l’anno dal 2005. «Tanti quindicenni — spiega Mario Bellucci, tra gli autori dello studio — non sanno andare in bici. Di correre non se ne parla, il camminare è ridotto a pochi metri al giorno. Il livello di mineralizzazione delle ossa si abbassa: non è un caso che a scuola tanti ragazzi siano perennemente infortunati. La loro muscolatura è così poco tonica da creare problemi di postura: dopo pochi minuti in piedi devono sedersi. Sono stanchi». Adolescenti col fisico da anziani.
Bocciati in resistenza
Lo Stato non pare interessato a quantificare la profondità del problema. C’è chi prova a sostituirlo. Da oltre vent’anni, all’Istituto Tecnico Gobetti – De Gasperi di Morciano (Rimini), è attivo un Centro Capacità Motorie che sottopone migliaia di studenti a una batteria di nove test. «Lo scopo — spiega Claudio Marchetti, l’ideatore — è creare un punto di riferimento per aiutarli a migliorare nel quinquennio». I risultati degli ultimi anni scolastici sono, però, drammatici. A 15 anni, 58 ragazzi su 100 hanno forza nelle braccia «insufficiente o scarsa», 78 falliscono sul fronte gambe. Bocciati 68 studenti su 100 per la resistenza, 50 in velocità e 47 nella coordinazione. «La valutazione — spiega Marchetti — è sulla media europea. E i risultati peggiorano di anno in anno». «Nessuno — racconta Sergio Dugnani — si occupa più di sviluppare le capacità condizionali dei nostri ragazzi. Assecondati dalle famiglie, considerano lo sport solo come una delle tante opzioni per il loro tempo libero cambiando specialità di anno in anno senza padroneggiarne nessuna. Il gioco nel cortile, quello che permetteva lo sviluppo armonico involontario del corpo, è scomparso. Dal rincorrersi, saltare la corda, lanciarsi la palla ci si è ridotti all’immobilità dell’appartamento e del videogioco».
In questo contesto, sperare in un miglioramento delle prestazioni sportive è utopico. In atletica leggera in Italia solo il 30% dei primati tra gli uomini (il 25% tra le donne) nelle categorie giovanili (12-18 anni) è stato stabilito nel nuovo millennio. In Francia e Gran Bretagna i primati «giovani» sono il 50%, negli Usa il 78% tra gli uomini e il 90% tra donne. I defunti Giochi della Gioventù arrivarono a coinvolgere quasi due milioni di studenti, gli attuali studenteschi solo piccole frazioni.
Se gli studenti delle elementari non giocano più, i nuovi docenti di educazione fisica che dovevano aiutarli a farlo restano sulla carta: i fondi promessi per assumerli non sono mai arrivati. E tanti, comunque, puntano il dito sulla qualità dei laureati prodotti dalle facoltà di Scienze Motorie. «Nel vecchio Isef — continua Sergio Dugnani — si entrava per concorso in base alle capacità atletiche. E dopo tre anni di ginnastica artistica eri pronto a far fare capovolte e salti mortali a un bambino, anche perché sapevi eseguirle tu stesso. Oggi a Scienze Motorie si accede con una batteria di quiz. Ginnastica artistica è materia facoltativa. I nostri laureati potrebbero essere buoni ricercatori, non necessariamente buoni insegnanti. Tra pochi anni mancherà quella figura di docente «pratico» che all’estero producono i licei sportivi. Quelli veri».

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“Nessuna educazione
senza Educazione Fisica” (Eupa)

link: http://www.mentesport.net/nessuna-educazione-senza-educazione-fisica-eupa/http://www.mentesport.net/nessuna-educazione-senza-educazione-fisica-eupa/

il ruolo dell'educazione fisica e dello sport a scuola

24 luglio 2018 

L’ITALIA AGLI ULTIMI POSTI IN EUROPA PER L’EDUCAZIONE FISICA SCOLASTICA…E SE RIPARTISSIMO DA QUI?
Mentre in tutta Europa sono in atto numerose riforme del sistema scolastico per aumentare le ore e la qualità di insegnamento dell’educazione fisica, l’Italia rimane agli ultimi posti nella classifica europea considerando che già in prima media un ragazzo italiano parte con un deficit di 500 ore rispetto ai coetanei europei.
Questa potrebbe essere, e il condizionale è d’obbligo, una delle cause che vede lo sport italiano, soprattutto quello di squadra, posizionato a livelli medio bassi nelle manifestazioni internazionali.
Se si considera poi il dato in costante aumento dell’obesità infantile, soprattutto nelle femmine, e gli episodi di bullismo sempre più diffusi nelle scuole, forse una riforma del sistema scolastico per quel che riguarda l’educazione fisica potrebbe essere un punto di partenza per invertire almeno alcuni di questi trend negativi.
Certo che l’argomento è molto più complesso e riguarda più sfere ma i dati sulle ore scolastiche riservate all’educazione fisica sono chiari:
– Francia, Slovenia, Polonia, Lussemburgo: circa 100 ore
– Germania, Austria, Danimarca: 80 ore
– Italia: 66 ore

L’IMPORTANZA DELL’EDUCAZIONE FISICA IN EUROPA
Analizzando i piani formativi delle scuole europee, vediamo come l’educazione fisica sia prevista da tutti i curricoli nazionali ed abbia lo stesso peso delle altre materie sia a livello di influenza del voto nella media finale, che come considerazione all’interno dei vari programmi.
Facciamo alcuni esempi:
 Portogallo: con il “Piano Pessoia” è stato promosso l’incremento dell’educazione fisica e alimentare coinvolgendo in prima persona i genitori.
– Cipro: l’educazione fisica è inserita nel programma “Ricreazioni Attive” e mira al miglioramento della capacità cardio-polmonare nei giovani dai 13 ai 15 anni
 Islanda: il programma promosso a livello scolastico prende il nome di “Scuole Promotrici di Salute” e comprende educazione fisica, sanitaria, alimentare, mentale per il raggiungimento di uno stile di vita sano.
 Rep. Ceca, Germania, Slovenia: nei programmi di educazione fisica sono inserite le regole di educazione civica per pedoni e ciclisti
– Paesi nordici: nelle ore di educazione fisica vengono svolti anche corsi di Orientiring
– Slovenia: occasionalmente durante la settimana tutti gli insegnanti interrompono le lezioni per “Il Minuto della Salute”

Due esempi extra-europei: Cina e Usa
È ormai noto come negli USA l’educazione fisica sia inserita nell’ordinamento scolastico come sport vero e proprio che diventa per gli atleti meritevoli una fonte di guadagno importantissimo anche nell’ottica del proseguimento della carriera universitaria perché le borse di studio servono spesso a coprire le onerose tasse universitarie. Gli impianti sportivi universitari non hanno niente da invidiare a quelli privati, anzi, vengono spesso utilizzati per manifestazioni nazionali e internazionali.
Discorso diverso invece per la Cina, dove nella pianificazione giornaliera dell’agenda scolastica, sono previsti quattro momenti al giorno di educazione fisica con attività diverse ogni volta per un totale di 12 ore settimanali. Il problema del sovraffollamento delle classi è superato con impianti e forniture di materiali di ottima qualità e all’avanguardia.

E IN ITALIA?
L’educazione fisica diventa materia obbligatori inserita nei programmi scolastici dalle scuole secondarie. Nella scuola dell’infanzia e primaria è inserita nel POF solo grazie a progetti approvati dai singoli istituti in base a fondi europei, oppure attraverso le associazioni sportive che si propongono di andare nelle scuole a fare attività promozionale gratuita o addirittura progetti autofinanziati dai genitori.
Inoltre, anche nella scuola secondaria e superiore, non ci sono veri e propri programmi di educazioni fisica mirati alla crescita dell’allievo dal punto di vista psicomotorio ma diventano spesso ore di svago secondarie alle altre materie con professori spesso demotivati costretti in impianti fatiscenti e poveri di materiale.

Come e cosa potrebbe cambiare l’inserimento dell’educazione fisica come materia di “prima fascia”?
Se anche in Italia l’educazione fisica fosse inserita dalla scuola d’infanzia e proseguita fino alla maturità con programmi stabiliti a livello ministeriale che mirino, a seconda della fascia d’età cui viene proposta, allo sviluppo psico-motorio dell’alunno, sicuramente ci ritroveremmo con bambini più coordinati, più coscienti del proprio corpo e dello spazio che occupa. Ma non solo: potrebbe aiutare nella crescita di valori come il rispetto dell’altro, l’accettazione della sconfitta, del rimprovero e soprattutto delle regole, ruolo che per ora è riservato in ambito sportivo solo agli allenatori/istruttori delle attività pomeridiane extra-scolastiche. Tutto questo contribuirebbe anche a dare la giusta importanza agli insegnanti di educazione fisica che sono diventati negli ultimi anni titolari dell’ora di “svago” più attesa dagli alunni per poter stare sui social, chiacchierare o fare i compiti delle altre materie, motivandoli nel proprio lavoro che ricopre un ruolo primario nello sviluppo dei ragazzi.
L’ora di educazione fisica diventerebbe così, un’ora di crescita personale, sia motoria che mentale, di crescita civica e di valori condivisi e sarebbe apprezzata anche dagli studenti che gli riconoscerebbero un valore aggiunto rispetto alla considerazione attuale.


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Più movimento nelle scuole!



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11 febbraio 2019

A SCUOLA SI FA ANCORA TROPPA POCA ATTIVITÀ FISICA E MOTORIA, MA SPIRAGLI DI CAMBIAMENTO CI SONO.

“A sei anni entro a scuola e mi siedo su un banco…per ore…ma fermo non ci so stare perché sono attivo, perché, come dice Daniele Silvestri nella canzone portata a Sanremo 2019, sono “argentovivo” e quell’ aula mi sembra “una cella”.  Su quel banco fermo e in quelle aule ci devo stare per tanto tempo e se, malauguratamente, faccio troppo “casino” la maestra mi vieta l’intervallo o addirittura mi proibisce di fare ginnastica, quel momento di libertà, dove le gambe possono girare e mi aiutano a sentirmi vivo ed attivo.”
Questo è l’urlo di molti studenti che frequentano le scuole del nostro Paese in cui, ancora, non viene data la giusta dignità al movimento e all’attività fisica, considerate ancora “momenti perditempo”.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità riconosce il movimento come componente essenziale per garantire la salute ossea, muscolare e cardio-vascolare e consiglia almeno 60 minuti al giorno di attività fisica moderata e/o intensa per bambini e ragazzi dai 5 ai 17 anni (OMS; 2011).
Numerose ricerche testimoniano come l’inserimento di break motori e sessioni di attività fisica di una certa intensità durante l’orario scolastico influenzino positivamente le prestazioni degli alunni in compiti attentivi, di memoria, di calcolo e di risoluzione di problemi, migliorando inoltre il loro rendimento (Chaddock-Heyman et al. 2013.; Castelli et al. 2011; Kamijo et al. 2011;Syväoja et al. 2014).
Come mai allora il movimento fa ancora così fatica ad essere introdotto e valorizzato nelle scuole?
Per fortuna qualche faro che illumina la notte c’è; qualche insegnante che combatte quotidianamente questa lotta esiste ed un esempio è SmuovilaScuola (http://www.icbesanainbrianza.gov.it/tag/smuovi-la-scuola/)*, una metodologia didattica innovativa che prevede l’inserimento del movimento nella routine scolastica di tutti i giorni. Inizio della giornata con un rituale di accoglienza rigorosamente sotto forma di ballo o flash mob; 3 routine motorie della durata di 10 minuti da svolgersi in aula nell’arco della giornata; gym ball, elastici e tavolette propriocettive nelle classi; pause intervallo all’aria aperte. Questa è una realtà esistente che ha avuto la fortuna di essere inserita in un progetto di ricerca condotto da Maria Chiara Crippa, Annalisa Bacca  e Manuela Cantoia, collaboratrici dello SPAEE dell’Università Cattolica di Milano, che ha dimostrato i benefici di SmuovilaScuola: i bambini che hanno partecipato alla metodologia a fine dell’anno sono risultati più soddisfatti della scuola, più in grado di autoregolarsi, più in grado di gestire le emozioni e hanno mostrato più comportamenti di aiuto verso i compagni.
Inserire e valorizzare il movimento a scuola è funzionale al benessere, non solo fisico, ma anche mentale e relazionale. Se desideriamo avere bambini felici e futuri adolescenti attivi, partiamo anche dalla scuola…perché l’aula non può essere vissuta come una cella e lo zaino non può essere una palla al piede! (Argentovivo-D.Silvestri).

*un ringraziamento particolare alle maestre Elisabetta Corti, Milena Ronchi e alla dirigente Elisabetta Biraghi per aver dato avvio al progetto e aver creduto nella sperimentazione.



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